20 settembre 2009

K-shirt

Ho una K-shirt. Non è una maglietta normale, è la mia maglietta karmica.
Nata come una banale fruit bianca, la K-shirt è stata sottoposta dalle sapienti mani della mia amica del cuore alla tecnica del batik, altrimenti detta "tecnica del vomiting" per i chiari richiami dei disegni ai risultati di certi movimenti gastrici di quando esagera col bere.
La K-shirt è un pezzo da 90 del mio guardaroba ed è impresentabile: ha uno sfondo color pesca sbiadito e chiazze di colore altrettanto sbiadite e gettate qua e là, in ordine rigorosamente sparso. Quando indosso la K-shirt il mio potenziale erotico ha un picco verso il basso e gli astanti, soprattutto nella persona di mia madre, inorridiscono.
A questo punto avrete capito che per me la K-shirt non è soltanto una maglietta, è uno stato mentale: per questo motivo non ho il cuore di gettarla via e, anzi, la prendo con me in tutte le mie avventure.
Due giorni fa ho ricominciato la danza classica e sfogliando le foto che mi hanno scattato lo scorso anno a lezione, mi sono accorta che il fotografo è venuto l'unico giorno in cui indossavo la maglietta karmica, che alla sbarra fa proprio la sua figura.
Quest'anno, poi, in Abruzzo, qualcuno mi ha anche detto: "come ti dona quel colore!" E io sono ancora qui che mi chiedo se era un complimento o una presa per il culo.

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